La devozione e il culto della Madonna della Libera inizia nel lontano 1412, a seguito del ritrovamento della statua da parte di un contadino intento ad arare il campo.
Il titolo di “Madonna della Libera” pare sia stato dato la prima volta all’epoca del dominio longobardo su Benevento e precisamente nel 663 D.C., anno in cui i beneventani, incoraggiati da S. Barbato, già parroco di Morcone e poi Vescovo di Benevento, resistettero vittoriosamente all’assedio posto dall’imperatore bizantino Costante II, nipote di Eraclio. La “liberazione” venne attribuita alla Vergine che ebbe così, da allora in poi, il titolo di “Liberatrice” o “della Libera”.
Il Bollettino della Diocesi di Benevento racconta così la liberazione dall’assedio per intercessione di Maria Santissima: «Assediata la città di Benevento dall’imperatore Costante che, espulso da Costantinopoli, era venuto in Italia per ristabilirvi l’Impero d’Occidente, S. Barbato, che in quella città si trovava, incoraggiò i cittadini e il Duca Longobardo Romualdo a fidare in Dio, mostrando loro Maria SS. visibilmente apparsagli su una candida nube, e pronunciando queste memorabili parole: “io l’ho pregata; Essa già viene in vostro aiuto; guardatela!”. Quel giorno stesso l’implacabile nemico Costante toglieva pacificamente l’assedio a Benevento, e prendeva la via di Napoli. A tale prodigio il Duca acclamò Barbato Vescovo di Benevento, e gli offrì ricchi donativi, ai quali il santo rinunziò, impetrando solo da Romualdo che a quella diocesi fossero unite le chiese di Siponto e Monte Gargano» (Anno I, n. 5, pag. 81 e il Libello della Diocesi di Benevento).
I Beneventani incominciarono a professare un grandissimo culto vero la Madonna, e ad essa eressero una chiesetta sulla via di porta Rufina e ne fecero scolpire in legno una statuetta nell’atteggiamento in cui era apparsa a S. Barbato invocandola con il titolo venerabile della “Libera”. Il culto della Madonna della Libera si propagò rapidamente in tutta l’area longobarda del Mezzogiorno, giungendo fino a Cercemaggiore, e numerose furono le statue scolpite e modellate su quella di Benevento.
Da sei secoli la cara Mamma della Libera è vicina a quanti –con fiducia– si rivolgono a Lei per impetrare aiuto e protezione.
IL SEGNO DELLE MANI ELEVATE
Il segno delle mani elevate è un gesto assai significativo, che troviamo frequentemente nei racconti biblici.
Venne usato da Mosè sul monte e dagli Ebrei quando pregavano. Indubbiamente anche Gesù pregava così e così pregavano i Cristiani nei primi secoli.
Prevalse poi il segno delle mani giunte, parimenti bello ed efficace, per l’influsso delle Religioni orientali. ma il Sacerdote continuò a pregare con le mani elevate, specialmente durante la celebrazione eucaristica.
In varie parti del mondo tuttora i fedeli innalzano a Dio la preghiera, in privato e in pubblico, con le mani elevate.
L’alzare le braccia verso il cielo, quando si parla con Dio,è un gesto naturale, direi, istintivo:
è un arrendersi a Dio, quando si è consci di essere peccatori e s’invoca la misericordia divina;
è uno slanciarsi verso il Padre quando si gioisce di sentirsi suoi figli;
è un aprirsi nell’amore a tutti i fratelli e a tutte le creature, che vivono e si incontrano nel cuore del Padre di tutti;
è un offrire se stessi a Dio, quando il cuore, commosso, innalza a Lui i sentimenti irrompenti di adorazione, di lode, e di ringraziamento;
è un implorare lo Spirito divino, mentre si esprime l’anelito verso i beni eterni;
è un impennare le ali dell’anima e del corpo per staccarsi da tutto ciò che è terreno e deteriore nel mondo e lanciarsi verso il Cielo, nostra eterna dimora col Padre e il Figlio e lo Spirito Santo.
Corrado Card. Ursi