Il convento Santa Maria della Libera di Cercemaggiore fu edificato a partire dal 1489 grazie alle donazioni elargite dai feudatari Alberico Carafa e Giovannella di Molise. La sua storia inizia però idealmente nel 1412, anno in cui la tradizione orale e scritta colloca il rinvenimento della statua lignea della Madonna orante di Cercemaggiore. In seguito a tale avvenimento, intorno al 1414 è attestata la costruzione di una primitiva cappella, poi distrutta dal terremoto del 1456, e sul finire del secolo la realizzazione ex novo del convento domenicano.
Il convento fu dotato fin dalla sua fondazione di importanti privilegi e ricchi possedimenti terrieri, che andarono crescendo nel corso dei secoli seguenti e che procurarono ai frati non poche liti, sia con i privati cittadini sia con l’Università di Cercemaggiore.
Nella prima metà del XVII secolo la comunità domenicana cercese entrò nella Congregazione di San Marco dei Cavoti ed il convento guadagnò grande prestigio come casa di noviziato e di studentato. La fase positiva durò per quasi due secoli, per essere poi interrotta dalle difficoltà portate dall’aprirsi del XIX secolo.
Nel corso dell’Ottocento il convento di Cercemaggiore riuscì a sopravvivere a ben due provvedimenti soppressivi. La prima soppressione fu compiuta dal governo francese con atto emanato da Gioacchino Murat il 7 agosto 1809 ed indirizzata ai cosiddetti Ordini possidenti del Regno di Napoli. I beni del convento di Cercemaggiore furono dispersi e incamerati per buona parte da Augusto Turgis, che si trovò presto in controversia giudiziaria con il Comune di Cercemaggiore e l’arciprete Vincenzo Rocca, i quali chiedevano che i beni fossero restituiti al convento e che questo, diventato proprietà comunale, fosse trasformato in un convitto pubblico gestito dai frati domenicani. Ciò effettivamente avvenne con atto notarile del 1821, mentre al contrario rimase inascoltata la petizione per la riaperta della farmacia che aveva sede nel medesimo convento. La seconda soppressione, quella post-unitaria del 17 febbraio 1861, rischiò di compromettere il tutto, ma l’allora superiore del convento, P. Gaetano Capasso, riuscì saggiamente a far ritenere nullo il decreto per la particolare situazione giuridica in cui versava il convento, essendo questo di proprietà comunale.
Durante la Seconda Guerra Mondiale il convento della Libera ebbe un momento di nuova vitalità, divenendo un importante luogo di rifugio. Un ulteriore evento distruttivo si verificò, invece, con l’incendio scoppiato nella notte tra il 16 ed il 17 agosto 1947, i cui danni furono limitati grazie al tempestivo intervento dei frati e dei fedeli del luogo.
Il complesso attuale è il risultato di trasformazioni ed ampliamenti susseguitisi fino ai nostri giorni. Un prezioso documento visivo, testimoniante l’aspetto assunto dal convento domenicano alla fine del XVII secolo, è offerto dalla veduta di Cercemaggiore che il pittore Benedetto Brunetti di Oratino inserì nella tela della Madonna di Loreto, conservata nella chiesa parrocchiale di Santa Maria della Croce che sorge nel centro storico del paese.
Il convento si organizza attorno a due chiostri, sui quali affacciano edifici impostati su due livelli di altezza. Dal chiostro più interno, dedicato a San Domenico e costituito da un cortile circondato da sedici campate coperte da volte a crociera, si accede a locali vari quali la chiesa, la biblioteca, i refettori, le cucine e il dormitorio del piano superiore, le cui stanze abbracciano, nel loro prolungamento, anche il secondo chiostro detto di San Vincenzo.
Il convento possiede anche due refettori, quello minore conservante alcuni quadri e soprattutto un affresco tardo manierista databile agli inizi del Seicento e raffigurante San Domenico che moltiplica il pane per i suoi confratelli. Il refettorio maggiore, dovuto ad un ampliamento eseguito verso la metà del XVII secolo, si costituisce di un ambiente allungato coperto da una volta a botte e con parete di fondo occupata da un imponente affresco dell’Ultima Cena, opera di Nicola Fenico di Campobasso del 1686, mentre sulla parete opposta campeggia la tela seicentesca della Madonna di Costantinopoli del pittore Giovanni Tommaso Guarini da Solofra, precedentemente collocata nella prima cappella di destra della chiesa conventuale.
Negli ultimi decenni la comunità domenicana si è purtroppo drasticamente ridotta di numero. Per tale ragione, nonostante il convento cercese continui a essere incessante meta di pellegrinaggio e un faro di spiritualità per Cercemaggiore e per i paesi limitrofi, il 15 ottobre 2017 i frati predicatori hanno definitivamente lasciato i locali conventuali. La struttura, sottoposta ora alla direzione della parrocchia di Santa Maria della Croce di Cercemaggiore, è abitata dall’ottobre 2017 da una nuova comunità religiosa mariana, denominata Maria Stella dell’Evangelizzazione.
(a cura di Valentina Marino)
BIBLIOGRAFIA: Angela Di Niro, Un Guarini in Convento. Giovanni Tommaso Guarini firma la tela della Madonna di Costantinopoli nel Convento di S. Maria della Libera a Cercemaggiore, in «Millemetri», a. VII, n. 1, Ripalimosani (CB), Arti Grafiche La Regione, gennaio-febbraio 2005, p. 23; L’incendio del Convento, in «Millemetri», n. 6, Ripalimosani (CB), Arti Grafiche La Regione, novembre-dicembre 2009, pp. 33-35; Michele Miele, La Chiesa e il Convento di S. Maria della Libera di Cercemaggiore (CB), Napoli, Tipografia Laurenziana, 1980; Giordano Pierro, Storia del Santuario e del Convento S. Maria della Libera in Cercemaggiore, Napoli, Tipografia R. Batelli, 1924; Vannozzi, Stefano, Le mura della Terra di Cercia. Appunti sulla topografia antica del centro storico di Cercemaggiore, in «Millemetri», a. IV, n. 3, Ripalimosani (CB), Arti Grafiche La Regione, maggio-giugno 2002, pp. 8-10.